CANADA - ESTRATTO COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA



Omcom ritiene in alcuni punti tale estratto non preciso .

CANADA

La presenza della criminalità organizzata italiana o con radici italiane in territorio canadese è un fatto ben noto alle autorità giudiziarie e investigative del nostro Paese. Cosa nostra, attiva nella zona di Montreal (provincia del Québec), ha raggiunto negli anni con il clan Rizzuto un ruolo egemone sul territorio, controllando e coordinando varie attività illecite sia dei gruppi criminali di diversa matrice etnica, compresi quelli calabresi e irlandesi, sia degli Hell’s Angels 593.
Le attività prevalenti si estendono dal traffico di stupefacenti all’usura e al racket delle estorsioni, dal gioco d’azzardo all’accaparramento di appalti pubblici e alle conseguenti influenze nella vita politica locale. Ulteriori infiltrazioni di cosa nostra risultano anche in altre aree del territorio, quali le province British Columbia e Alberta ove, oltre alla cocaina, vi sono elementi che indicano movimentazioni di eroina e di precursori provenienti dalla costa dell’Oceano Pacifico. Secondo quanto emerso dai lavori di una recente commissione d’inchiesta del governo del Québec, di cui si dirà più diffusamente nel prosieguo, nel 2008 i profitti di cosa nostra canadese avrebbero raggiunto i 45 miliardi di dollari 594.
Tale organizzazione è più comunemente nota come famiglia Rizzuto, dal nome dello storico leader Nick Rizzuto originario di Cattolica Eraclea (AG), il quale a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso è stato via via in grado di scalare le gerarchie fino ad affermarsi quale capo incontrastato della criminalità organizzata in Canada. Il figlio di Nick Rizzuto, Vito, ne ha ereditato poi la leadership divenendo una figura di primo piano con ampia eco mediatica in Nord America tanto da essere considerato in modo quasi oleografico, fino alla sua morte avvenuta per cause naturali il 23 dicembre 2013, l’unico “padrino” in grado di reggere il confronto con gli storici boss della mafia italo-americana.
 593 Gli Hell’s Angels canadesi sono una motorcycle gang dedita prevalentemente allo spaccio di sostanze stupefacenti ed al compimento di un’ampia varietà di attività criminali a carattere violento e rappresentano, nel settore del crimine organizzato, una seria minaccia nel territorio canadese. 594 Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction, §. 1.2 La Mafia au Canada: repères historiques, pag. 746. https://www.ceic.gouv.qc.ca/ .


Come noto, cosa nostra americana - indicata anche con l’acronimo LCN (la cosa nostra) dagli inquirenti americani - è strutturata secondo i tradizionali principi e modalità organizzative tipiche di quella italiana, sia pure con qualche sensibile differenza frutto di fisiologici adattamenti alla peculiare realtà d’oltreoceano.
La famiglia Bonanno 595, una delle cinque famiglie newyorkesi presenti nella commissione di cosa nostra americana, ha da sempre esteso il proprio raggio di azione ed influenza sul territorio canadese. La storia criminale testimonia come negli anni Cinquanta i Bonanno, nell’obiettivo di assumere il controllo delle attività illecite a Montreal e, soprattutto, di sovrintendere e unificare in una sola organizzazione le varie articolazioni criminali che operavano in quella città, compresero che l’unica via per venire a capo della complessa situazione, che ora torna inopinatamente di attualità, era quello di porsi a capo dei due gruppi etnici prevalenti: quello siciliano e quello calabrese a seconda dell’origine dei suoi membri. Ai siciliani, sotto il comando di Luigi “Louie” Greco, fu affidato l’incarico di supervisionare il più lucroso traffico di sostanze stupefacenti, mentre al calabrese Vincent “Vic” Cotroni e ai suoi corregionali quello di gestire il racket nella città di Montreal.596
Tra le fila del gruppo dei siciliani emerse ben presto la figura carismatica di Nick Rizzuto il quale, avvalendosi degli intrecci familiari con la potente famiglia dei Cuntrera-Caruana attiva anche in Venezuela nel campo del narcotraffico, riuscì progressivamente a ritagliarsi spazi sempre più consistenti, fino a divenire un esponente di grande rilievo nel panorama della criminalità organizzata di Montreal. Negli anni ‘70 la famiglia Bonanno, ormai sul viale di un lento ma inesorabile declino, assistette progressivamente alla perdita del controllo sulla sua appendice a Montreal così favorendo l’ascesa in tale città di Paul Violi, un “autorevole” mafioso di origine calabrese, e rendendo ancor più critica la frattura con la fazione siciliana di cui Nick Rizzuto era oramai divenuto l’esponente di maggior prestigio. Rivalità questa che raggiunse il culmine nel gennaio del 1978 con l’omicidio di Violi organizzato da Nick Rizzuto e che proiettò questi al vertice dell’organizzazione canadese. 597
Questo momento rappresenta il punto di rottura dei “canadesi” con cosa nostra americana. Sciogliendo il giogo del vassallaggio con i Bonanno, Nick Rizzuto iniziò a coltivare l’ambizione che il proprio clan fosse riconosciuto come la sesta ed autonoma famiglia di LCN, avente pari rango delle altre cinque famiglie di New York. Per raggiungere tale obiettivo, Nick Rizzuto ritenne necessario stringere un’alleanza con Joe Massino, un nuovo boss dinamico e intraprendente nonché intenzionato a farsi largo nelle gerarchie della famiglia Bonanno e nella “cosa nostra” di New York. Accomunati dall’avere, pur con finalità diverse, un comune nemico, i due programmarono e realizzarono il triplice omicidio di Brooklyn del 5 maggio 1981 che sembrò decapitare definitivamente il vertice della famiglia Bonanno598.
 A suggello di un patto così importante, Joe Massino pretese, tuttavia, che il figlio primogenito di Nick Rizzuto, il promettente Vito, prendesse parte all’agguato che doveva portare all’uccisione dei tre capi dei Bonanno, in modo da cementare col sangue lo storico accordo tra le due parti. Così si giunge, dunque, ad uno snodo fondamentale delle sanguinose vicende criminali canadesi e che ora tornano di attualità perché è da tali fatti che ha radice una lunga scia di sangue che è giunta sino ai nostri giorni e che ha interessato non solo il territorio canadese, ma anche la Sicilia e la Calabria. E’ proprio la partecipazione di Vito Rizzuto al triplice omicidio di Brooklyn del 1981 che, a notevole distanza di tempo in una logica mafiosa ben nota di faide e vendette, avrà effetti nefasti

595 Dal nome del suo storico leader Giuseppe Bonanno. 596 I Comitato – Lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed internazionale, seduta del 21 novembre 2017, audizione del professore Antonio Nicaso, resoconto stenografico n. 18. 597 I Comitato – Lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed internazionale, seduta del 21 novembre 2017, audizione del professore Antonio Nicaso, resoconto stenografico n. 18. 598 Si tratta del triplice omicidio avvenuto il 5 maggio 1981 ai danni di Alphonse “Sonny Red” Indelicato, Dominick Trinchera e Philip  Giaccone.


sull’organizzazione canadese in quanto costerà a Vito Rizzuto nel 2004 l’arresto e la successiva condanna a otto anni di reclusione. Il provvedimento di arresto scaturiva, infatti, proprio dalle dichiarazioni rilasciate agli investigatori da Joe Massino il quale, dopo divenuto capo della famiglia Bonanno così aveva da tempo anelato, una volta arrestato decideva di collaborare con la giustizia rilasciando preziose informazioni alle autorità federali statunitensi. L’arresto e la condanna di Vito Rizzuto, nel frattempo succeduto al padre alla guida della famiglia, ha rappresentato un duro colpo per l’intera organizzazione criminale canadese. Al momento dell’arresto, la famiglia Rizzuto era da tempo giunta all’apice del suo successo, una vera holding criminale dai molteplici interessi in vari Paesi che comprendevano gli investimenti immobiliari, il riciclaggio, imprese di costruzioni e il traffico di stupefacenti, settore questo nel quale i Rizzuto erano divenuti dei referenti di livello mondiale. Il clan Rizzuto, infatti, era riuscito a coagulare attorno a sé, sotto forma di controllo, partenariato o alleanza, le più diverse espressioni criminali presenti nel territorio canadese, ivi comprese le cellule di ‘ndrangheta canadese operanti soprattutto a Toronto e persino varie bande di motociclisti (i cosiddetti bikers). La detenzione di Vito Rizzuto in un carcere degli Stati Uniti ha, inoltre, provocato un vuoto di potere in seno alla “sesta famiglia”, anche in ragione della natura composita e “multiculturale” dell’organizzazione che raccoglieva, e raccoglie tuttora, varie e diverse “correnti” criminali che soltanto grazie al carisma, all’autorevolezza e all’abilità di Vito Rizzuto erano state in grado di assicurare una ragionevole armonia e un efficace coordinamento in nome di lauti guadagni criminali per i sodali appartenenti a tutte le componenti del clan. La sesta famiglia, infatti, pur strutturata secondo i classici modelli gerarchici di cosa nostra americana, vedeva al suo interno varie componenti, le cui principali sono rappresentate dalla fazione siciliana, di cui i Rizzuto sono i principali alfieri, e da quella calabrese, con i reduci e la prosecuzione della originaria leadership dell’organizzazione costituita dalle famiglie Violi/Cotroni. In questo modo si è perpetuata quella dicotomia delle origini, tra siciliani e calabresi, solo apparentemente risolta o sedata dalle capacità strategiche di Vito Rizzuto. Inoltre, intorno ai due ceppi originari, con il tempo, si sono innestate altre componenti etniche: quella francofona, soprattutto a Montreal; quella di colore, con esponenti afro-americani o caraibici; quella ispanoamericana, attiva nel narcotraffico. A queste fazioni va aggiunta, non per ultima, la componente assai aggressiva e spregiudicata dei gruppi di motociclisti dediti alle attività criminali più disparate.599 Per un cartello criminale così composito e variegato, che conteneva in sé quasi fisiologicamente il germe di una pericolosa implosione, era fondamentale la funzione connettiva di un capomafia forte ed autorevole come Vito Rizzuto, le cui capacità diplomatico-strategiche gli avevano consentito negli anni di conquistare la fiducia e la lealtà delle diverse correnti dell’organizzazione, anche e soprattutto attraverso una accorta politica di selezione dei quadri direttivi sino ad arrivare ad affiliare, in spregio alle regole di cosa nostra, ma in nome di un concreto e vantaggioso pragmatismo, anche esponenti non aventi origini italiane. In tale eterogeneo scenario, pronto a deflagrare per l’assenza del leader carismatico, intorno al 2009 una fazione della sesta famiglia comprendente la corrente calabrese e quella francofona, entrambe coagulate intorno alla figura del francese Raynald Desjardins e del cognato Joe Di Maulo, inizia a manifestare pulsioni sempre più autonomiste rapidamente trasformatesi in ambizioni di scalata al potere dell’intera organizzazione. Nell’arco di poco meno di un anno, tra il 2009 e il 2010, si susseguono quattro omicidi, tra cui quello di Nick Rizzuto, figlio del boss Vito Rizzuto, e del patriarca ottantaseienne Nicola Rizzuto. Non tarda, così, ad attendersi la reazione di Vito Rizzuto che, una volta scarcerato nell’ottobre 2012, è determinato a riprendere il controllo dell’organizzazione. Non forse a caso un mese dopo viene ucciso a Montreal Joe Di Maulo, cognato di Desjardins. La scia di sangue continua poi con altri efferati omicidi di esponenti vicini alla fazione scissionista. A interrompere questa lunga teoria di fatti di sangue interveniva la morte, per

599 I Comitato – Lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed internazionale, seduta del 21 novembre 2017, audizione del professore Antonio Nicaso, resoconto stenografico n. 18.


cause naturali, del boss Vito Rizzuto il 23 dicembre 2013. L’inattesa scomparsa del carismatico capo mafioso segnava l’ennesima svolta nel conflitto interno alla famiglia di Montreal, incoraggiando la compagine rivale che, dopo un periodo di assestamento, trova un rinnovato impulso e procede alla eliminazione delle personalità più autorevoli tra gli uomini fidati del defunto boss. Da ultimo, il 1° marzo 2016 a Laval, nei pressi di Montreal, si assiste all’omicidio di Lorenzo Giordano, membro del consiglio direttivo della famiglia. Il successivo 28 maggio 2016, sempre nella stessa cittadina, anche Rocco Sollecito, indicato dopo la morte di Vito Rizzuto quale suo successore, viene colpito mortalmente al fuoco. Le vicende del clan Rizzuto andrebbero, infine, poste in relazione con due fatti avvenuti in Italia che non hanno visto sviluppi investigativi comuni tra i due Paesi. Il primo è l’arresto di Giuseppe Zappia, legato ai Rizzuto, in merito alla vicenda della costruzione del ponte sullo Stretto per cui erano già pronti 5 miliardi di euro di provenienza illecita da riciclare e quindi investire nell’opera pubblica. Il secondo fatto avvenuto in Italia è rappresentato dagli omicidi a Bagheria nel 2013 di Juan Ramon Fernandez e di Fernando Pimentel, soggetti sempre legati ai Rizzuto. Due vicende importanti che non possono non essere ricollegate alle dinamiche canadesi, e che richiedono quindi in prospettiva un intenso lavoro di sinergia con gli inquirenti canadesi. Se questo è quanto può dirsi sulle dinamiche evolutive in Canada sul versante cosa nostra, sul fronte, invece,‘ndranghetistico va innanzitutto ricordato che anche la presenza delle organizzazioni calabresi affonda le sue radici negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, contestualmente al flusso migratorio che nel secondo dopoguerra interessò quella nazione. Toronto, peraltro, è la città straniera che registra la più alta concentrazione di cittadini canadesi di origine italiana. La comunità nostrana, infatti, è costituita da circa mezzo milione di persone distribuite sull’intero comprensorio di Toronto. Qui si sono innestate le prime cellule ‘ndranghetistiche che negli anni Settanta ed Ottanta si sono sviluppate e consolidate fino a divenire una importante realtà criminale con costanti collegamenti con la Calabria. Il livello di radicamento è tale che, stando alle evidenze della sentenza “Crimine”, risultano operativi nella sola area di Toronto non meno di nove locali di ‘ndrangheta600, con una sovrastruttura gerarchica, il crimine (denominata talvolta come “Siderno Group of Crime” o crimine di Toronto”), con lo scopo di dirigere e pianificare le ramificate attività criminali dei locali e dirimere eventuali controversie interne. Il crimine canadese è, comunque, subordinato al crimine di Polsi” alla pari di ogni altra struttura di ‘ndrangheta. Mantiene contatti con la madrepatria attraverso idonei ambasciatori che fanno la spola tra il Canada e la Calabria quando ritenuto opportuno. 601 La prima attestazione sul piano giudiziario della presenza della ‘ndrangheta in territorio canadese è frutto dell’indagine denominata “Siderno Group”, nella quale veniva documentata l’esistenza agli inizi degli anni Novanta di un collegamento operativo tra le cosche di Siderno e le omologhe strutture insediate a Toronto per la gestione in sinergia del traffico internazionale di droga e per il reimpiego degli ingenti proventi così ottenuti in diversificate attività legali di copertura. A differenza di cosa nostra canadese che, come detto, ha sempre operato in piena autonomia rispetto alle famiglie mafiose siciliane, la ‘ndrangheta di Toronto ha mantenuto e mantiene tuttora uno stretto rapporto con la criminalità di riferimento nella madrepatria. Il rapporto di dipendenza gerarchico-funzionale con la ‘ndrangheta calabrese è poi emersa in tutta evidenza nelle indagini Solare (confluita nell’operazione Crimine) e Acero della procura distrettuale di Reggio Calabria, con il coordinamento della DNA. Alcune tra le più importanti cosche dell’area ionico-reggina

600 Secondo quanto riferito dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, sia le autorità italiane che quelle canadesi già nel 2008 erano a conoscenza della presenza di quattordici locali di ’ndrangheta nella sola zona di Toronto, in particolare nella Baia di Thunder Bay. Cfr., Salvatore Dolce, sostituto procuratore nazionale antimafia, seduta n. 178 del 9 novembre 2016, audizione del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti. 
 601 I Comitato – Lotta alla criminalità mafiosa su base europea ed internazionale, seduta del 21 novembre 2017, audizione del professore Antonio Nicaso, resoconto stenografico n. 18.


(Acquino, Coluccio, Commisso e Bruzzese) avevano attivato un reticolo di relazioni criminali con le loro propaggini attive in Canada ed in particolare a Toronto. Nel corso delle indagini era emersa, tra gli altri, la figura di Carmelo Bruzzese, capo del locale di Grotteria (RC), poi arrestato, soggetto già noto agli inquirenti italiani per aver svolto la funzione di anello di collegamento tra la ‘ndrangheta e l’organizzazione mafiosa operante in Canada e all’epoca riconducibile al più volte citato Vito Rizzuto. Le indagini evidenziavano, in particolare, che sette strutture criminali presenti nella sola città di Toronto602 erano attive non solo nel traffico di droga, ma anche nella perpetrazione di estorsioni nei confronti della locale comunità italiana, nel gioco d’azzardo, nell’usura e nel commercio di beni contraffatti. I proventi venivano poi reinvestiti in esercizi commerciali, per lo più bar e ristoranti, sia nel centro di Toronto sia nell’area di Woodbrige, cittadina significativamente definita come il “nuovo quartiere italiano”. Sviluppi investigativi più recenti, derivanti da indagini sempre condotte su iniziativa delle autorità italiane, hanno rivelato che, analogamente a quanto accade per il versante cosa nostra, anche sul fronte ‘ndrangheta canadese vi sono frizioni e spaccature interne tra le diverse componenti. Esemplare al riguardo è stata l’operazione Siderno Connection, conclusasi nel settembre 2015 con l’arresto per mafia e traffico di stupefacenti di trentacinque ‘ndranghetisti della locride, dove sono emerse profonde conflittualità interne tra due ’ndrine locali, gli AcquinoColuccio di Marina di Gioiosa Jonica e i Crupi egemoni sul territorio di Siderno (RC), entrambe aventi solide proiezioni e filiazioni in territorio canadese. Una spaccatura che riecheggia la scia di sangue all’interno della ‘ndrangheta di Toronto, avviatasi con l’assassinio del boss Carmine Verducci, occorso a Woodbridge il 25 aprile 2014, per poi proseguire con altri omicidi di soggetti originari di Siderno o loro sodali avvenuti sempre nella cittadina dell’Ontario. Dinanzi al susseguirsi di tali gravi vicende criminali, ai richiami nelle audizioni innanzi alla Commissione delle procure distrettuali calabresi circa l’attualizzazione di proiezioni della ‘ndrangheta calabrese nel Paese nordamericano, nonché dell’intensificarsi delle iniziative promosse dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo per rafforzare i meccanismi di cooperazione giudiziaria tra i due Paesi, la Commissione parlamentare antimafia ha ritenuto necessario fare la propria parte offrendo una sponda politico-parlamentare agli sforzi profusi dalle autorità nazionali di governo e inquirenti per rafforzare il dialogo di cooperazione con il Canada. Dal 25 al 28 settembre 2016, una delegazione della Commissione603 ha quindi svolto una visita di studio in Canada finalizzata ad approfondire il tema della presenza di insediamenti della criminalità organizzata italiana, il conseguente impatto nel panorama politico, istituzionale ed economico canadese, nonché gli strumenti di prevenzione e repressione previsti dall'ordinamento giuridico locale. Peraltro, in occasione della missione si aveva modo altresì di approfondire gli esiti del lavoro svolto da un’apposita commissione d’inchiesta604 (commissione Charbonneau), istituita dal Governo del Québec, incaricata di indagare sulla gestione degli appalti pubblici in detta regione francofona e conclusosi in un rapporto finale pubblicato nel novembre 2015605. In questo documento, in particolare, l’organismo d’inchiesta canadese ha dato conto di tutta una serie di epifanie dell’agire criminale - controllo del territorio, collusione con esponenti politici locali, accaparramento di appalti pubblici, voto di scambio e monopolio di settori economici legati all’attività edile - che sarebbe rientrata perfettamente nel paradigma dell’art. 416-bis c.p. qualora avesse avuto manifestazione nel nostro Paese e non in Canada dove, come si dirà nel prosieguo, non

602 Facenti capo all’epoca delle indagini ai seguenti: Vincenzo Tavernese e Giuseppe Andrianò; Cosimo Figliomeni; Antonio Coluccio, Cosimo Commisso; Angelino Figliomeni; Vincenzo “Jimmy” Demaria; Domenic Ruso. 
603 Presidente Rosy Bindi, senatore Franco Mirabelli e onorevole Francesco D’Uva. 
604 Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction. Vedi, https://www.ceic.gouv.qc.ca/ . 
605 Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction.”, novembre 2015. https://www.ceic.gouv.qc.ca/fileadmin/Fichiers_client/fichiers/Rapport_final/Rapport_final_CEIC_Integral_c.pdf .


esiste un corrispondente reato associativo pienamente sovrapponibile. Si aggiunge che un intero capitolo della relazione conclusiva della cosiddetta commissione Charbonneau è stata dedicata all'esperienza italiana, citata quale esempio virtuoso, con particolare riferimento alle attività d’inchiesta svolte da parte di questa Commissione parlamentare e alle competenze inquirenti degli organismi giudiziari e investigativi italiani specializzati nello specifico settore (DNA e DIA). La visita di studio è stata articolata secondo un intenso programma di riunioni che ha toccato sia la realtà federale sia quella a livello di provincia del Québec. A livello federale, nella capitale Ottawa, la Commissione ha incontrato le competenti autorità di governo, esponenti parlamentari, magistrati e i vertici delle forze di polizia. In particolare, la delegazione italiana è stata ricevuta: presso il Ministero della pubblica sicurezza, dal Ministro Ralph Goodale e dal comandante della Polizia federale, Bob Paulson; al Ministero della giustizia, da una delegazione presieduta dal Senior assistant deputy minister, Donald Piragoff, con la presenza di alcuni direttori generali e procuratori operanti nel settore del contrasto alla criminalità organizzata; al Ministero degli affari esteri, da una rappresentanza del dicastero presieduta dal direttore generale per la sicurezza internazionale ed intelligence, David Drake. A livello parlamentare, la delegazione italiana ha avuto occasione di incontrare i colleghi parlamentari membri delle commissioni giustizia e pubblica sicurezza, ivi compresi i rispettivi presidenti, Robert Oliphant ed Anthony Housefather. Presso la residenza dell’ambasciatore italiano ha avuto luogo, infine, una tavola rotonda conclusiva alla presenza di esperti e cultori della materia, quali il docente universitario Antonio Nicaso, per le proiezioni internazionali della ‘ndrangheta, e la criminologa Valentina Tenti, già consulente della commissione Charbonneau, per i profili di infiltrazione criminale nell’economia e nella finanza. A livello provinciale, la Commissione ha poi avuto modo di acquisire dalle autorità del Québec interessanti elementi di approfondimento sulla specifica realtà locale caratterizzata da una importante presenza della mafia di origine siciliana. All’incontro hanno preso parte i rappresentanti del Ministero della giustizia del Québec, della procura provinciale per le indagini criminali e della polizia del Québec, nonché dell’unità anticorruzione (Unità permanente contro la corruzione) e del comune di Montreal (Ufficio dell'Ispettore Generale). Soprattutto in questa ultima sessione di incontri, la Commissione è stata resa edotta più in dettaglio del considerevole lavoro d’inchiesta svolto dalla commissione Charbonneau. L’esigenza degli organi politici del Québec di avvalersi di un tale straordinario strumento d’inchiesta traeva origine da una serie di inchieste giornalistiche pubblicate nel 2011 che avevano scosso l’opinione pubblica e che alludevano all’esistenza di un vero e proprio sistema criminale nella gestione degli appalti per la realizzazione di opere pubbliche a Montreal. Amministratori comunali, esponenti politici locali, imprenditori operanti nel settore delle costruzioni e gli appartenenti al più pericoloso clan di cosa nostra americana presente in Canada (la famiglia Rizzuto), erano tutti parte di un pactum sceleris, via via consolidatosi nel tempo, in grado di controllare e condizionare le procedure di aggiudicazione ad evidenza pubblica bandite dalla locale municipalità606.

606 Il Rapporto finale della commissione Charbonneau fa risalire all’anno 2000 le prime solide testimonianze della diffusione di pratiche illecite nelle amministrazioni locali, quando numerosi esposti su comportamenti deviati di amministratori pubblici segnalati alle autorità cominciarono a trovare riscontro a varie inchieste condotte dagli organi inquirenti di polizia, così provocando reazioni sempre più indignate nonché la ferma presa di posizione di autorevoli esponenti della società civile che invocano l'assunzione immediata di misure drastiche per porre fine alle gravi compromissioni registrate in alcuni settori della pubblica amministrazione in Québec. Fra gli episodi più significativi di malaffare nel settore degli appalti veniva evidenziata la gara bandita dal comune di Montréal nel 2006 per l’installazione di circa 30 mila contatori per l’erogazione dell’acqua ad unità immobiliari di tipo commerciale e industriale ovvero destinati ad uffici pubblici. Un progetto risalente al 2002 quando l’amministrazione comunale pro tempore si prefisse lo scopo di risolvere definitivamente l’annosa questione della gestione del servizio idrico aggiudicando l’appalto dell’opera del valore di 356 milioni di dollari canadesi (pari a circa 250 milioni di euro odierni) ad un consorzio di imprese. Successive indagini posero in luce come le imprese aderenti al consorzio, in realtà, avevano da tempo stretti rapporti proprio con la società di ingegneria che era stata incaricata dal comune di Montréal di predisporre il capitolato tecnico dell’appalto più lucroso che fosse stato mai bandito da quella pubblica amministrazione. Vedi Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie  de  la construction.”,  Capitolo 8  “Les  comptoirs  d’eau”,  pagg.  206 e  ss. 


Il lavoro della commissione Charbonneau, non privo di difficoltà ed ostacoli talvolta posti anche dalle medesime istituzioni pubbliche607, si è avvalsa del contributo di numerosi esperti ed operatori nel campo della lotta al crimine organizzato608 al fine di acquisire elementi di conoscenza sulle metodiche di infiltrazione dei sodalizi criminali nei circuiti legali dell’economia, nonché degli amministratori pubblici che avevano avuto un ruolo in appalti rivelatisi condizionati da pratiche corruttive e collusive609. Numerose, infine, le audizioni a testimonianza degli imprenditori locali, non di rado di chiara origine italiana, dalle quali emergeva, con dovizia di particolari, il funzionamento del meccanismo di spartizione degli appalti tra un cartello di aziende e delle modalità con cui il clan Rizzuto imponeva il “pizzo”, commisurato al 2,5% del valore dell'opera, oppure, in alternativa, costringeva le imprese aggiudicatarie ad approvvigionarsi da fornitori entrati nell’orbita del clan mafioso. Dopo quattro anni di intenso lavoro, nel 2015 la commissione d’inchiesta del Québec ha infine rassegnato il mandato affidato con la pubblicazione del rapporto finale (4 volumi - 1741 pagine) in cui, oltre ai citati casi di corruzione e di collusione praticati da pubblici ufficiali ed imprenditori del mondo delle costruzioni nell’affidamento degli appalti delle opere pubbliche in Québec e alle evidenze emerse in materia di illecito finanziamento di partiti politici, è stato posto in luce il ruolo assolutamente centrale della criminalità organizzata italo-canadese nei predetti contesti di malaffare. Sulla base di tali conclusioni, la commissione Charbonneau ha ritenuto necessario sottoporre all’attenzione della politica locale l’adozione di numerose proposte tutte incentrate sulla trasparenza degli appalti e sull’integrità dei mercati e degli operatori610.

607 Tra questi si cita il caso relativo alle informazioni acquisite nel corso di un’audizione in base alle quali la commissione Charbonneau apprendeva che la polizia federale canadese (RCMP), a margine di specifiche attività operative antidroga svolte dal 2002 al 2006, custodiva nei propri archivi numerose riprese video, giudicate non pertinenti con quel tipo di investigazioni, in cui si vedeva l’anziano patriarca del clan Rizzuto, Nicolò Rizzuto, nel retrobottega di un circolo sociale della Pétite Italie intento a ricevere “mazzette” di danaro da parte di decine di costruttori di Montréal. La RCMP, sollecitata dalla Commissione a fornire gli atti, opponeva il diniego alla trasmissione degli atti ritenendo che i commissari non fossero legittimati a formulare tale istanza anche in ragione dei limiti posti dalla legge federale canadese sulla privacy. Sollevato in via giudiziale il contenzioso tra i due organismi, la Cour Supérieure (Chambre Civil) statuiva in favore della commissione Charbonneau con decisione 500-17-071027-125 del 27.4.2012 . 608 Significativa, tra le tante, la testimonianza dell’ex agente FBI, Joseph Pistone, noto con il nome di copertura Donnie Brasco, in cui illustrava in modo particolarmente persuasivo i tratti caratteristici della cultura mafiosa e le metodiche seguite dai clan per infiltrarsi e riciclare ingenti risorse finanziarie di origine illecita. Vedi Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction.”, Capitolo 9, §.1.2 “La mafia au Canada: repères historiques”, pagg. 746 e ss. 609 Vedi Rapport final de la Commission d’enquête sur l’octroi et la gestion des contrats publics dans l’industrie de la construction.”, pag. 12 e Capitolo 1, §.5.1 “Gilles Surprenant: des estimations gonflées”, pagg. 70 e ss., dove si riporta il caso di un funzionario pubblico della municipalità di Montreal noto nell’ambiente degli imprenditori locali per l’aver preteso dagli stessi, dal 1976 al 2009, una dazione fissa pari all’1% del valore dell’opera messa a gara dal suo ufficio (quasi il 97% del totale degli appalti). La sistematicità della pretesa illecita era tale che il soggetto veniva comunemente soprannominato Monsieur TPS (Tax Pour Surprenant). 610 Fra le principali misure proposte si citano sinteticamente le seguenti: creazione di un’autorità (Autorité des marchés publique) indipendente per il controllo centralizzato di tutta la materia concernente l’affidamento di appalti di opere pubbliche; rivisitazione di tutta la regolamentazione per integrare e uniformare i criteri base per l’affidamento delle commesse; applicazione di regole di maggiore riservatezza nell’espletamento delle procedure di gara (presentazione delle offerte, nominativi dei componenti la commissione di aggiudicazione, capitolati di appalto, ecc.); adozione di una nuova regolamentazione sul funzionamento degli appalti banditi da società di servizio degli enti locali o partecipate dalla pubblica amministrazione; introduzione di norme tese ad impedire la migrazione lavorativa di pubblici dipendenti verso le aziende private con le quali siano entrati in contatto nell’ambito di una procedura di aggiudicazione ad evidenza pubblica; divieto assoluto per i funzionari pubblici di ricevere omaggi o regalie da parte di soggetti o imprese e correlato divieto per questi ultimi di procedere in tal senso; assicurare maggior livello di tutela nei confronti di chi, impiegato o funzionario pubblico o anche semplice cittadino, intende denunciare irregolarità; creazione di una banca dati completa ed efficiente che consenta di identificare e conoscere tutti dati operativi sulle imprese esistenti nella provincia del Québec (Registre des entreprise du Québec); definizione di rigorosi parametri di integrità per le imprese che intendono ottenere la licenza di partecipazione ad appalti pubblici; coinvolgimento degli ordini professionali (ingegneri,  architetti,  consulenti fiscali e  legali)  per  la  definizione  di nuove  regole  deontologiche  tali da  assicurare  una partecipazione  più  attiva  nella  protezione  dei  fattori  di  interesse  pubblico.  Per  un  approfondimento,  vedi  Rapport  final de  la  Commission d’enquête  sur  l’octroi  et  la gestion des  contrats  publics  dans  l’industrie  de  la construction.”,  Parte IV,  Capitolo 2,  pag.  90 e  ss.  e,  in  particolare,  per  il  quadro sinottico delle  60  recommandations, pag. 193  e  ss.   

siano  misure specifiche  in  materia di  prevenzione e repressione  del  fenomeno mafioso e  del riciclaggio  di  capitali  di illecita  provenienza,  il lavoro  della  commissione  Charbonneau  ha nondimeno il  pregio di  una  chiara  presa  di  consapevolezza  delle  criticità  che  derivano dalla saldatura tra mafia e politica e del  ruolo della  corruzione  quale  metodo attraverso il  quale  le  mafie locali coagulano  attorno  a  sé  imprenditori senza  scrupoli e  pubblici amministratori infedeli. La  Commissione  si rammarica,  tuttavia,  del fatto  che  gli esiti  della  commissione Charbonneau  non  sembrano  aver  destato  particolare interesse  ed  allarme  al  di  là dei  confini  del Québec.  A  livello  federale, ad  esempio, non è  stato riscontrato nel  corso dei  relativi  incontri  il giusto  livello  di tensione  ed  attenzione  politica  sullo  specifico  rischio  di  condizionamento della  cosa pubblica da parte delle  organizzazioni  mafiose e ‘ndranghetistiche presenti  e radicate,  come  più sopra  accennato, non solo nel  Québec  ma  anche  in altre  zone  strategiche  del  Canada. Non può tacersi,  inoltre,  del  rischio  che le gravi evidenze  illustrate  nella  relazione  Charbonneau  siano considerate,  oltreché come una questione locale  e circoscritta,  esclusivamente nella  loro  dimensione verticale  (corruzione,  violazioni amministrative  in  materia  di lavori pubblici,  ecc.)  senza considerare  che  tutti i singoli illeciti e  manifestazioni di malaffare  hanno  una  valenza  ben  più  grave in  quanto  orizzontalmente  caratterizzate  dalla  presenza  della  mafia  e  dall’infiltrazione  di capitali sporchi  nell’economia legale canadese.611     Un’ulteriore  riflessione  che  questa  Commissione  ritiene  meritevole  evidenziare  prendendo spunto dal  pregevole  lavoro svolto dall’organo  d’inchiesta  canadese, riguarda  l’atteggiamento equivoco degli  imprenditori  del  Québec  nel  loro interagire  con  gli  esponenti  mafiosi  italo-canadesi, un atteggiamento questo  che  ha  non pochi  profili  di  analogia  con quanto  questa  Commissione  ha purtroppo osservato nel  nostro Paese  a  proposito di  una  certa  imprenditoria  del  Nord  Italia  laddove le  ‘ndrine  calabresi  si  sono radicate  in regioni  quali la  Lombardia,  l’Emilia  Romagna  e  la  Liguria. E’  un  atteggiamento  che  è  apparso  il più  delle  volte  agli stessi inquirenti canadesi non  nettamente classificabile  tra  le  due  figure  estreme,  dell’imprenditore  vittima  di mafia,  da  un  lato,  e  di chi è invece  colluso con le  organizzazioni  criminali  condividendone  pienamente  i  fini, dall’altro. Al contrario,  l’atteggiamento  dell’imprenditore  canadese  delineato  dalla  Commissione  Charbonneau sembra  porsi  au milieu  tra  i  due  estremi, configurando la  figura  intermedia  dell’imprenditore opportunista, pienamente  consapevole  dei  rischi  per  la  propria  incolumità  qualora  intenda  sottrarre alla  vis  mafiosa, ma  altrettanto consapevole  dei  vantaggi  che  conseguono nell’adesione  al  sistema corruttivo-mafioso.   Nonostante  la  distanza geografica tra il  Nord  Italia e il  Canada,  il  nuovo  agire delle mafie, sempre più  mercatiste e persuasive,  sembra indurre una  certa impreditoria senza scrupoli  ad assumere  modelli  di  comportamento straordinariamente  e  pericolosamente  sovrapponibili nei due diversi  contesti.   Nella  visita  di  studio, un  secondo fronte  di  azione  della  Commissione  antimafia  è  stato quello di  offrire  una  sponda  politico-parlamentare  agli  sforzi  profusi  dalle  autorità  nazionali, di  governo

611  Cfr.  seduta  n.  178 del  9  novembre  2016,  audizione  del  Procuratore nazionale antimafia  e antiterrorismo,  Franco Roberti: “Ho  altresì  fatto  presente ai  colleghi  canadesi  che,  come peraltro  già individuato  dalla commissione Charbonneau  istituita in  Canada alla  fine del  2015,  di  cui  codesta  Commissione  ha  perfetta conoscenza,  il  vero problema  non  è  soltanto  la  catena  di  omicidi  (purtroppo  sono  stati  registrati  venti  gravissimi  episodi  delittuosi  fra  il 2009 e  il  2016 nello scontro  fra  organizzazioni  mafiose,  in  prevalenza  ’ndranghetisti  contro  siciliani,  ma  anche  fazioni di  ’ndrangheta  in  contrasto  tra  loro  per  il controllo  delle  attività  illecite  e  delle  attività  apparentemente  lecite),  quanto l'infiltrazione  profonda  della  criminalità  organizzata  italiana,  in  particolare,  come  già evidenziato  dalla  commissione Charbonneau  nella sua relazione,  nel  settore degli  appalti  pubblici,  delle attività apparentemente legali,  dei  giochi,  delle scommesse,  del riciclaggio  dei capitali illeciti.  Quello  che abbiamo  percepito  per  quanto  riguarda la  gravità della situazione è che apparentemente non  vi  è ancora una sensibilità da parte  delle istituzioni  canadesi  rispetto  al  fenomeno dell'infiltrazione  di capitali illeciti nell'economia  lecita  del Canada,  che è l'aspetto  secondo  noi  più  preoccupante.” 

giudiziarie  ed  investigative,  tese al  necessario  rafforzamento  dei  moduli  di  cooperazione bilaterale tra i  due Paesi,  anche  alla luce delle numerose inchieste dalle procure distrettuali,  soprattutto calabresi, con proiezioni  in territorio canadese  nonché  della  perdurante  latitanza  di  diversi  esponenti mafiosi  localizzati oltre  atlantico. La  Direzione  nazionale  antimafia  e  antiterrorismo,  infatti,  unitamente  al Ministero  della giustizia  aveva  da  tempo avviato una  serie  di  interlocuzioni  con le  autorità  canadesi  sugli  strumenti e  sulle  tematiche di  cooperazione dell'assistenza  giudiziaria,  atteso  che  le rogatorie e  le  richieste di assistenza  dell’autorità  giudiziaria  italiana, anche  per  quanto riguardava  l'estradizione  di  soggetti italiani  latitanti  in  Canada,  stentavano  ad  essere accolte.  La  Commissione  pertanto non poteva esimersi dal cogliere  l’occasione  della  visita  di studio  per  sollecitare  e  sensibilizzare  le  competenti autorità  politiche  e  di  governo. Sotto questo  profilo, la  “diplomazia  dell’antimafia”  –  cardine dell’azione  della  Commissione  –  si è  rivelata  cautamente  fruttuosa  atteso  che,  così come  riferito  in audizione  dal  Procuratore  Roberti, la  Direzione  nazionale  antimafia  e  antiterrorismo, nonostante  le prospettive  di  un accordo non fossero ormai  da  tempo delle  più ottimistiche, nell’ottobre  del  2016, poco dopo cioè  la  visita  della  Commissione, era  in grado infine  di  sottoscrivere  con il  dipartimento di  giustizia  canadese  “un  documento di  linee  guida  che  offre  un quadro di  riferimento di  criteri  ai quali  ispirare la futura  cooperazione tra  Italia  e Canada”,  così  condividendo  con  le autorità canadesi la necessità di  agevolare  l’accoglimento  delle rogatorie anche attraverso  una “maggiore precisione e dettaglio  sui fatti oggetto  delle  nostre  indagini,  abbiamo  capito  che  è  necessario  essere  più  espliciti, più  dettagliati,  più  puntuali nelle  nostre  richieste”.

612  Inoltre,  a  seguito  della  missione,  la  DNA  ha registrato  i primi concreti riscontri  grazie  all’esecuzione  in  territorio  canadese  di  alcuni importanti atti da  tempo  richiesti dalle  autorità  giudiziarie  italiane.613    Sull’argomento,  va  ricordato  che  la  cooperazione  giudiziaria  in  materia  penale  tra  l’Italia  e  il Canada è basata sul  trattato  bilaterale di  mutua assistenza in  materia penale,  firmato  a Roma il  6 dicembre  1990,  e  sul  trattato bilaterale  di  estradizione, sottoscritto a  Roma  il  13  gennaio 2005.  Il Canada  ha  inoltre  aderito  alla  Convenzione  delle  Nazioni Unite  contro  la  criminalità  transnazionale organizzata  adottata  dall’Assemblea  Generale  il  15 novembre  2000 (nota  come  Convenzione  di Palermo 2000), pure  ratificata  dall’Italia,  nonché  alla  Convenzione  delle  Nazioni  Unite  contro  il traffico  illecito  di sostanze  stupefacenti e  psicotrope,  firmata  a  Vienna  il 20  dicembre  1988 (cosiddetta  Convenzione  di  Vienna). Quanto  all’assistenza  giudiziaria  in  materia  penale,  se  da  un  lato  il livello  di cooperazione giudiziaria con  il  Canada è favorito  dalla circostanza per  cui  non  è richiesta la via diplomatica per  la trasmissione  delle  rogatorie  essendo  sufficiente  il dialogo  diretto  tra  i ministeri della  giustizia, d’altro canto è  accaduto di  frequente  che  le  procedure  risultino rallentate  per  ragioni  riconducibili alla diversità dell’ordinamento  canadese  (common law)  rispetto a  quello italiano, nonché  per  il  fatto che è percepito  come  particolarmente  complesso  il  nostro  sistema di  indagini,  che prevede una direzione  delle  investigazioni  da  parte  del  pubblico ministero, figura  questa  che  non  esiste  in quel Paese, dove  invece  le  indagini  sono svolte  dalla  polizia  giudiziaria614. Queste differenze,  è stato  osservato  dalla magistratura italiana,  si  ripercuotono  anche dal punto  di vista  estradizionale,  dove  peraltro  assume  criticità  altresì il requisito  della  doppia incriminabilità  per  taluni  reati e,  in  particolare,  per  quello  di associazione  di  tipo  mafioso di  cui all’art. 416-bis  c.p., delitto non contemplato dall’ordinamento canadese  ed “esportabile”  soltanto  a

612  Seduta  del  9  novembre  2016,  audizione  del  Procuratore nazionale antimafia  e antiterrorismo,  Franco  Roberti, resoconto stenografico n.  178. 613  Marco  Del  Gaudio,  sostituto  procuratore  nazionale  antimafia.  Seduta  del  9  novembre  2016,  audizione  del Procuratore  nazionale  antimafia  e  antiterrorismo,  Franco  Roberti,  resoconto  stenografico  n.  178.  “Siamo  quindi  a  un buon  punto (…),  perché,  a  seguito del  primo incontro,  ma  ancor  più  dopo questo incontro,  alcune  attività  di richiesta  di atti riguardanti  indagini compiute  in  territorio  canadese  sono  state  assolte  e  i colleghi canadesi ci hanno  mandato  gli atti, hanno  dimostrato  grande  disponibilità  nel  mandare  in  Italia  un  investigatore  che  ha  seguito  le  indagini sul territorio canadese,  per  illustrare  gli esiti a  cui sono  giunti”. 614  Marco  Del  Gaudio,  sostituto  procuratore  nazionale  antimafia.  Seduta  del  9  novembre  2016,  audizione  del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo,  Franco  Roberti,  resoconto  stenografico  n.  178. 

determinate  condizioni.615 Tuttavia,  anche in  questo  caso,  la Direzione nazionale antimafia segnala come,  dopo  le visite delle  autorità  italiane  in  territorio  canadese,  vi sono  ragioni per  un  cauto  ma  crescente  ottimismo. Grazie allo  sforzo  dei  magistrati  italiani,  le  autorità canadesi  sembrano  avere ora un  quadro  più chiaro  delle  condotte  fattuali di cui all’art.  416-bis  c.p., tanto da  richiedere  copia della sentenza Crimine, che  si  ricorda  ha  forza  di  cosa  giudicata, sì  da  avere  contezza, ad esempio, delle  prove poste a sostegno  della  ricostruzione della ‘ndrangheta con  tre  mandamenti,  della presenza capillare con  vere  e proprie locali  e che  rispecchiano  fedelmente in  Canada le  strutture presenti  in  Calabria. Su  questi presupposti l’autorità  giudiziaria  italiana  auspica  così che  i  giudici canadesi  possano ricondurre tali  fatti  a delle fattispecie giuridiche  anche di  carattere  associativo  previste  in qualche misura  pure  dal  loro  ordinamento.616  Ulteriormente  a  favore  giocano  le  disposizioni  delle richiamate nuove linee-guida  di  cooperazione  tra  Italia  e Canada promosse dalla DNA,  che prevedono forme  di  “consultazione  preventiva”  tra  l’autorità richiedente e  quella di  esecuzione,  così da assicurare che le richieste di  assistenza vengano  formulate d’ora in  poi  sempre nel  pieno  rispetto dei requisiti legali e  quindi rimuovendo  alla  radice  eventuali difetti di comunicazione  tra  le  autorità interessate.617   Inoltre,  è  stato  segnalato  dal Ministero  della  giustizia  come  le  procedure  estradizionali tra  i due  Paesi scontino  in  qualche  misura  i complessi adempimenti richiesti dalla  particolare formulazione della legge  canadese sulle  estradizioni  del  17 giugno  1999.  Le  domande  di estradizione processuale  da inoltrare al  Canada,  infatti,  devono  essere accompagnate da un “fascicolo  estradizionale” (o  “fascicolo  del  processo”),  contenente il  riassunto  delle prove che possono essere  utilizzate  nel  procedimento  penale in  relazione al  quale  l’estradizione è  richiesta, predisposto e  sottoscritto dal  pubblico ministero, e  da  una  “dichiarazione  legale”, che  può anche essere redatta da un  magistrato  del  Ministero  della giustizia,  la quale accompagna la copia autentica del titolo  restrittivo  e  i testi delle  norme  incriminatrici e  di quelle  in  materia  di prescrizione. E’  così  non di  rado accaduto che, nonostante  la  localizzazione  di  ricercati  sul  territorio canadese618  e la presentazione da parte delle autorità italiane  di una  formale  richiesta  di estradizione,  le procedure siano  rimaste senza esito  attesa la richiesta da parte canadese di informazioni  suppletive  sulle  prove  di  appartenenza  al  crimine  organizzato  del  soggetto ricercato.

615  Così  Marco  Del  Gaudio  e Salvatore Dolce,  sostituti procuratori della  DNAA.  Seduta  del  9 novembre  2016,  audizione del  Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo,  Franco  Roberti,  resoconto  stenografico  n.178. 616  Salvatore Dolce,  sostituto  procuratore nazionale antimafia.  Seduta  del  9 novembre  2016,  audizione  del  Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo,  Franco  Roberti,  resoconto  stenografico  n.  178. 617  Cesare Sirignano,  sostituto  procuratore nazionale antimafia,  seduta  del  9 novembre  2016,  audizione del  Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo,  Franco  Roberti,  resoconto  stenografico  n.  178. 618  Nel  novembre  2016  sono  tredici  i  latitanti  localizzati  in  Canada.  Salvatore  Dolce,  sostituto  procuratore  nazionale antimafia,  seduta  del  9 novembre  2016,  audizione  del  Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo,  Franco  Roberti, resoconto stenografico n,  178. 

Conclusioni

La valutazione  generale della visita di  studio  che la Commissione sente di  ricavare è che il Canada sconta  la difficoltà,  che il  nostro  Paese ha  già sperimentato  nelle  regioni  italiane  diverse da quelle  di tradizionale  insediamento  delle  organizzazioni mafiose,  ad  ammettere la presenza delle mafie.  Le  differenze  che  intercorrono  tra  i  due  ordinamenti  giuridici  rappresentano, poi, un ulteriore ostacolo  nella  fluidità,  tempestività  ed  efficienza  del dialogo  tra  le  rispettive  autorità  impegnate nella  lotta  al crimine  organizzato.   E’  stata percepita una sorta di  resistenza culturale ad  ammettere la vera pericolosità delle organizzazioni  mafiose  in Canada, nonostante  i  fatti  di  sangue  che  si  sono  verificati  in passato e  che continuano a  verificarsi,  anche  ad opera  delle  cosiddette  «bande  di motociclisti»  ormai  sempre  più utilizzate  come  nuovo braccio armato delle  organizzazioni  mafiose. E’  stato colto, altresì, un senso generalizzato di  inconsapevolezza  sul  rischio vero che  le  organizzazioni  mafiose  rappresentano per quanto riguarda  l’infiltrazione  negli appalti,  il gioco  d’azzardo  e,  soprattutto,  il riciclaggio  di proventi illeciti. Ha fatto,  tuttavia,  eccezione l'incontro  con  le autorità del  Québec le quali,  attraverso  la costituzione  di  un’autorità  anticorruzione619, hanno offerto  un  inequivocabile  segnale di  concretezza nel tentativo  di dotarsi di strumenti efficaci proprio  in  relazione  al lavoro  svolto  dalla  commissione Charbonneau  istituita  dal  governo di  quella  provincia, commissione  d'inchiesta  non formata  da parlamentari,  presieduta  da  un  magistrato,  ma  voluta  dalla  politica. La  franchezza  con cui  è  stato improntato il  dialogo  con i  colleghi  parlamentari  canadesi  ha consentito alla  Commissione  di  affrontare  in modo diretto le  questioni  aperte.  L’auspicio è  che nell’intero Canada,  e  non solo in una  delle  sue  province, si  rafforzi  una  sensibilizzazione  della politica che produca  effetti  nella concretezza delle iniziative sopra illustrate e che sembrano  ora procedere  con un passo diverso rispetto al  passato  ma  in un percorso  ancora  lungo da  compiere. In  prospettiva,  la  Commissione  nella  prossima  legislatura  non dovrebbe  mancare  di continuare  nel sostegno  degli sforzi sinora  profusi,  atteso  che  gli omicidi  e  le  tensioni tra  i diversi sodalizi e  fazioni canadesi,  di mafia  e  di  ‘ndrangheta,  sembrano volgere  verso  una  ulteriore recrudescenza  e conflittualità con  inevitabili  propaggini  e  ricadute  anche nel  nostro  Paese.   Nel  dialogo politico bilaterale  andrebbe, poi,  curato in particolare  il  rapporto con i parlamentari canadesi di origine  italiana che siedono  nel  Parlamento  federale.  La Commissione potrà  senz’altro  trovare  in  loro  degli interlocutori attenti sulle  vicende  illecite  e  criminali che tendono  a  minare  la  solida  immagine  di laboriosità  e  correttezza  che  identifica  la  comunità  italocanadese perfettamente  integrata nel  locale tessuto  sociale  e,  utilizzando  la stessa  franchezza adoperata  con  gli altri parlamentari,  esortarli ad  un  più  diretto  impegno  politico  antimafia  e  a  farsi convinti promotori di  iniziative  legislative  di più  efficaci strumenti per  il contrasto  del riciclaggio  e dell’infiltrazione  criminale  nell’economia  legale.

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